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Castità 2


di Membro VIP di Annunci69.it Andrapodon
23.04.2024    |    1.236    |    2 9.7
"Per prima cosa spinsi la lingua dentro di lei e la mia bocca si riempì dei suoi umori, poi iniziai a leccarle le labbra delicatamente, dall’alto verso il..."

Mi svegliai il mattino con il cazzo che pulsava dal dolore e sembrava volesse far esplodere la gabbia. Avevo passato la notte a guardare Anna che dormiva nuda al mio fianco, ad ascoltare il suo respiro e inalare il suo profumo. Era poco più di un mese che non mi permetteva né di scoparla né di avere un orgasmo, ma sembravano anni. Nel tentativo di trovare un minimo di distrazione mi alzai per andare a preparare la colazione.
Avendo poco tempo a disposizione durante la settimana, il week-end era uno spazio dedicato a noi. Vizi, coccole, lunghe chiacchierate, libri, musica e sesso.
Mi arrivò alle spalle senza che io sentissi i suoi passi, mi abbracciò e con le labbra mi sfiorò il collo. Un brivido percorse tutto il mio corpo. Allungò la mano e da sopra i boxer mi afferrò cazzo e testicoli. “Hai dormito bene amore mio?”, mi sussurrò in orecchio. “Ho passato la notte a guardarti e mi sembrava di impazzire dal desiderio di te”. “Sono qui con te amore e non ho intenzione di andarmene. Mi piace sapere che mi desideri tanto da non dormire, ma la strada da percorrere è ancora molto lunga e il desiderio che provi ora non è nulla in confronto a ciò che proverai”. Un altro brivido scosse il mio corpo e gli occhi mi si inumidirono. L'amavo oltre il consentivo ed ero disposto a tutto pur di vederla felice e orgogliosa di me.
Andò a sedersi sul divano in sala e io finii di preparare la colazione. Su un grande vassoio misi il thermos del caffè, della macedonia, un paio di yogurt, cereali, succo di frutta e due uova sode e lo portai in sala. Lei era seduta sul divano, con le gambe incrociate, l’accappatoio leggermente aperto da cui si potevano vedere i seni e parte di un capezzolo. I suoi seni non erano grandi, una terza scarsa, sodi e con due capezzoli piccoli e sempre turgidi. Era magra ma muscolosa, con le gambe lunghe ed una pelle ambrata liscia come una pesca vellutata. I lunghi capelli neri le incorniciavano il viso dai lineamenti delicati e mettevano in risalto gli occhi di un colore indefinito: un verde chiaro con striature di grigio che a volte virava in azzurro. Trovavo la sua bellezza imbarazzante e spesso mi domandavo perché avesse scelto me quando avrebbe potuto avere chiunque.
Posai il vassoio al suo fianco e mi sedetti per terra. Passammo quasi un ora a fare colazione, parlare, ridere e a organizzare le vacanze dell’estate che oramai era alle porte. Avevamo affittato una barca in Grecia per due settimane e l’intenzione era quella di girare tra le isole egee. Finita la colazione portai via il vassoio, rimisi in ordine la cucina e lavai tazze, piatti e posate.
“Amore, vieni qui”. “Stavo per andare a lavarmi, puoi aspettare 10 minuti?”.“Vieni qui, subito!”.
Il tono della voce di Anna era cambiato, si era fatto più duro e perentorio. Senza fiatare tornai in sala. Lei aveva cambiato posizione: stava seduta sul bordo del divano, i piedi posati a terra, l’accappatoio completamente aperto. La visione della sua figa con quella striscetta di pelo curato mi fece sussultare il cazzo che, immediatamente, cercò di indurirsi all’interno della gabbietta.
“Levati le mutande e inginocchiati davanti a me”. Ubbidii senza fiatare e mi inginocchiai tenendo gli occhi bassi. Anna mi alzò il mento con due dita e mi fissò negli occhi. I suoi si erano fatti di ghiaccio. Era uno sguardo che conoscevo molto bene.
“Ho voglia di godere ma soprattutto di vederti soffrire. Vuoi soffrire per me, vero?” “Sì Anna, sono…”. Non riuscii a finire la frase che mi arrivo uno schiaffo. “No, in questo momento non sono Anna, ma la tua Padrona”.“Sì Padrona, sono il suo schiavo e sono qui per farla felice, anche se implica soffrire”. Non succedeva spesso che volesse essere chiamata Padrona e mi obbligasse a darle del lei ma, quando succedeva, sapevo che avrei provato dolore.
Dovete sapere che una delle parti più erogene del mio corpo sono i capezzoli. Basta sfiorali e il mio cazzo inizia a gocciolare. Anni prima avrei voluto farmi dei piercing ma rinunciai perché, probabilmente, lo sfregamento contro il tessuto delle magliette mi avrebbe fatto stare in erezione perenne. Lei lo sapeva bene, eccome se lo sapeva.
Con la punta delle dita iniziò a sfiorarli delicatamente e il mio cazzo iniziò a cercare la via di fuga da quella gabbietta che lo rinchiudeva da tempo e il mio corpo a tremare. Continuò a sfiorarli fino a che non diventarono gonfi e duri come il marmo. A quel punto li prese tra il pollice e l’indice e, con un filo di pressione, iniziò a sfregarli tra le dita. Avrei voluto saltarle tra le gambe e scoparla come mai avevo fatto, ma non mi era concesso. La pressione si fece sempre più forte e alla fine divenne una morsa. Emisi un gemito di dolore, mentre il mio cazzo iniziò a gocciolare. “Sei veramente una troietta. Guarda come stai sgocciolando, manco tu avessi la figa”. Lasciò per un momento un capezzolo, spostò la mano sotto il mio cazzo e lasciò che le sue dita si bagnassero dei miei umori, poi me la portò alla bocca, “lecca tutto. Puliscimi le dita”. Poi riprese a stringermi i capezzoli. D’improvviso mollò la presa e iniziò a fare pressione con le unghie dei pollici. Istintivamente tirai il busto indietro. Un secondo schiaffo arrivò secco. “N O N M U O V E R TI, cazzo non muoverti”. Mi rimisi in posizione e lei rincominciò a fare pressione con le unghie. Non le teneva le molto lunghe, ma quel poco era affilato come un bisturi. D’un tratto le infilò fino a farmi rientrare i capezzoli. Lanciai un urlo di dolore. Lei mollò la presa e mi colpi nuovamente in faccia: “Non devi urlare, cerca di essere più uomo”. Da entrambi i capezzoli uscirono poche gocce di sangue. “Vai a prendere Giacomino e Kattiva”. “Subito Padrona”
Giacomino era un plug blu, non troppo lungo, 12/13 cm circa, ma nella parte centrale largo 7
Kattiva invece una signalwhip in pelle di canguro, realizzata da un famoso whipper di Hobart, (pace all’anima sua), e personalizzata per lei.
Andai a prendere ciò che aveva richiesto e glielo porsi, rimettendomi in ginocchio davanti a lei. Anna mi fissò negli occhi e sorrise: “Voltati e mettiti a quattro zampe, testa bassa e culo alzato”. Mi diede l’ordine mentre si passava Giacomino tra le labbra della figa, che oramai era bagnata tanto quanto il mio cazzo. O forse no, il mio cazzo si bagna molto. Mi misi in posizione. “Brava la mia troietta, adesso allargati un pochino le chiappe”. Prese il plug, lo avvicinò al mio culo e con la punta iniziò a stuzzicarne il buco poi, piano piano, inizio a spingere. 7 cm possono sembrare pochi a parole, nella realtà dei fatti non lo sono e quando Giacomino era per metà dentro sembrava che il mio culo stesse spaccandosi. Alla fine però si tirò dentro tutto il plug che sparì fino alla base a ventosa. “Bene, vedo che ti stai abituando a dimensioni sempre più grosse, prima o poi ci infilerò tutta la mano e qualcun altro qualcosa di reale”. A quelle parole emisi un gemito e il mio corpo iniziò nuovamente a tremare. Era qualche tempo che Anna tirava fuori questa frase sul mio culo riempito da un cazzo reale e ogni volta provavo una certa eccitazione, dall’altra mi inquietava non poco.
“Ora voltati e inizia a leccarmi la figa”. Misi la testa tra le sue gambe. La figa era gonfia, bagnatissima e pulsante. Per prima cosa spinsi la lingua dentro di lei e la mia bocca si riempì dei suoi umori, poi iniziai a leccarle le labbra delicatamente, dall’alto verso il basso e alla fine la spostai sul clitoride. Ad Anna piaceva che lo leccassi sia con movimenti rapidi su e giù, sia con movimenti circolari. Iniziò ad ansimare e muovere i fianchi. Allungò una mano dietro la mia nuca e mi spinse la faccia ancora più contro la figa fino quasi a soffocarmi e nello stesso tempo strinse le gambe intorno alla testa. Oramai era un fiume in piena. Avevo tutto il volto bagnato dai suoi umori. Io ero in estasi. Lì in ginocchio, con il culo pieno, il suo sapore in gola e nelle orecchie i suoi mugolii di piacere.
Il primo colpo arrivò all’improvviso. Mi prese una natica e parte della coscia. Fu molto forte e il dolore mi salì fino in gola togliendomi il fiato. Il corpo si irrigidì e avrei urlato forte se non fosse che la pressione della sua mano sulla nuca mi impediva quasi il respiro. Iniziai a muovere la lingua ancora più veloce e più in profondità. Seguì un altro colpo e poi un altro e un altro ancora. Anna mugolava sempre più forte e il suo corpo era in preda a sussulti infiniti. “Leccami cagna, leccami, non smettere” e intanto continuava a colpirmi. Per terra, sotto il mio cazzo, si era formata una pozza dei miei umori. “Ora il culo, leccami il culo. Infilaci la lingua dentro”. Si voltò, si appoggiò alla spalliera del divano e spinse il culo verso la mia faccia. Io iniziai a leccarlo con avidità, prima tutt’intorno e poi iniziai a spingere la lingua dentro di lei. Dentro e fuori, come se fosse il mio cazzo. Ogni volta cercavo di andare sempre più in profondità. Anna si mise una mano in mezzo alle gambe e iniziò a masturbarsi. I sui gemiti erano oramai fuori controllo e il suo corpo sussultava ad ogni movimento della mia lingua. Le leccai il culo a lungo. “Ora basta, voglio avere un orgasmo”.
Sembrava impossessata dal diavolo. Si voltò nuovamente nella stessa posizione di prima e allargò le gambe. “Lecca cagna”. Io rincominciai a leccarla e lei a colpirmi senza sosta. La schiena, il culo, le cosce, niente fu risparmiato. Qualche colpo arrivò a lambire lo scroto.
Andai in subspace e la mia mente si staccò dal corpo e mi iniziai a fluttuare in un’altra dimensione. Non provai più dolore sotto i suoi colpi e l’unico mio desiderio fu quello di sentirla godere. Era la prima volta in vita mia che mi capitava di andare in subspace. Nel tempo successe molte altre volte.
Il respiro di Anna si fece sempre più affannoso, i suoi muscoli iniziarono a contrarsi, alzò il bacino, spinse la mia testa contro la sua figa e alla fine esplose in un orgasmo sconquassante che durò tantissimo.
Esausto e dolorante rimasi con la testa appoggiata alle sue gambe, mentre lei si appoggiò alla spalliera del divano. Rimanemmo così a lungo, in silenzio totale. L’unico movimento era la sua mano che mi accarezzava la testa. Passò quasi mezz’ora e finalmente mi parlò: “Non ho ancora finito con te, meriti un premio”. Pensai che finalmente mi avrebbe permesso di venire, ma mi sbagliai. Mi fece sdraiare per terra e si mise in piedi a gambe divaricate sopra la mia faccia. Mi fece aprire la bocca, si accovacciò su di me e mi pisciò in gola. “Quello che non bevi, lo leccherai dal pavimento”. Non ce ne fu bisogno, non persi una sola goccia.
“Mi hai fatto godere tantissimo amore mio” mi disse sorridendomi. “Grazie Padrona, ne sono felice”. “No, sono Anna. Vieni, andiamo in bagno a lavarci”. La seguii in bagno, mi sfilò Giacomino dal culo e mi liberò il cazzo dalla gabbia affinché potessi lavarlo per bene. Dopo avermela fatta rimettere, mi prese per mano e mi portò in camera da letto. Mi fece sdraiare sulla schiena, prese della crema lenitiva e iniziò l’aftercare. Mentre si prendeva cura di me e mi coccolava, suonò il suo telefono. “Ciao, aspettavo la tua chiamata. Allora per questa sera è tutto confermato, arrivi alle 20:00? Bene ti aspettiamo”
La guardai negli occhi con faccia sorpresa e timorosa. “Shhh amore mio, non chiedere nulla. Lo scoprirai, è la sorpresa promessa”.

Continua...
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